Nel mondo dell’arte contemporanea, pochi nomi suscitano tanta ammirazione e controversia quanto quello di Banksy, l’enigmatico artista britannico la cui identità rimane avvolta nel mistero. Con i suoi provocatori graffiti, murales e installazioni disseminati per le città di tutto il mondo, Banksy ha saputo catturare l’immaginario collettivo sollecitando riflessioni profonde su temi sociali, politici e di attualità. Eppure, dietro le sue iconiche immagini come la celebre “Ragazza con il palloncino” o il potente “Lanciatore di fiori”, si è consumata una complessa battaglia legale sul delicato equilibrio tra diritto d’autore, marchi commerciali e pratiche commerciali etiche.

Al centro della controversia che tratteremo in questo articolo, si trova una delle opere più famose di Banksy: “Il Lanciatore di Fiori” (Flower Thrower). Questo graffito provocatorio comparve per la prima volta nel 2003 su un muro a Gerusalemme, nei pressi di Beit Sahour, una cittadina palestinese a est di Betlemme. L’opera raffigura un giovane nell’atto di lanciare un mazzo di fiori colorati, anziché una bomba molotov. Si tratta di un’immagine potente e simbolica, divenuta un’icona della street art e dell’arte di protesta, capace di suscitare emozioni contrastanti e profonde riflessioni sulla natura della violenza e della resistenza non violenta.

 

La controversia legale

La vicenda inizia nel 2014 quando la “Pest Control Office Limited”, società rappresentante legale dell’artista anonimo, decise di depositare la registrazione del marchio europeo n. 12575155 per l’immagine del “Flower Thrower”. Una strategia che avrebbe permesso all’artista di proteggere la sua creazione senza rivelare la propria identità sfruttando la potenziale durata indefinita dei marchi commerciali rispetto al diritto d’autore, di durata limitata a 70 anni dopo la morte dell’autore.

Questa mossa, apparentemente astuta, attirò però le critiche di chi la vide come un tentativo di aggirare le norme sul diritto d’autore e di monopolizzare indefinitamente l’immagine.

Cinque anni dopo, nel 2019, la società “Full Colour Black Limited” – una greeting card company specializzata nella commercializzazione di street art, incluse opere di Banksy – presentò un’istanza di nullità contro questo marchio, sostenendo che la registrazione fosse stata effettuata in malafede ai sensi degli Articoli 59(1)(b) e 7(1)(b)(c) del RMUE.
Al centro della controversia si poneva l’approccio di Banksy verso il diritto d’autore e la sua volontà di permettere un uso non commerciale delle sue opere. Infatti, in numerose occasioni l’artista aveva espresso apertamente il suo disprezzo per le leggi sulla proprietà intellettuale, arrivando a dichiarare pubblicamente nel suo libro Wall and Piece del 2005, che “il copyright è per i perdenti” (“copyright is for losers”).
Dunque, secondo Full Colour Black, Banksy non aveva alcuna intenzione di utilizzare il marchio registrato per commercializzare prodotti o servizi, ma solo di monopolizzare indefinitamente l’immagine, aggirando così le limitazioni temporali del diritto d’autore.

Per comprendere appieno la portata della controversia, è necessario approfondire la natura del diritto d’autore e il suo rapporto con i marchi commerciali. Il diritto d’autore è un insieme di norme giuridiche che tutelano le opere dell’ingegno di carattere creativo, come libri, opere d’arte, musica e film. Consente agli autori di controllare l’uso e la diffusione delle loro opere, garantendo loro un compenso economico. Tuttavia, a differenza dei marchi commerciali, il diritto d’autore ha una durata limitata nel tempo, generalmente la vita dell’autore più 70 anni dopo la sua morte.

 

Le Decisioni dell’EUIPO e l’accusa di malafede

Dopo un’attenta analisi, la Divisione di Annullamento dell’EUIPO (Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale) emise la decisione n. 33843 del 14 settembre 2020, dichiarando la nullità del marchio n. 12575155 per malafede, ai sensi dell’Articolo 59(1)(b) del RMUE (Regolamento Marchi dell’Unione europea). Secondo la sentenza C-371/18 della Corte di Giustizia UE (Sky/Skykick), la malafede nella registrazione di un marchio si verifica quando il richiedente agisce con l’intenzione di minare, in modo incompatibile con le pratiche oneste, gli interessi di terzi o di ottenere un diritto esclusivo per scopi diversi da quelli propri di un marchio commerciale. Ciò include presentare una domanda di marchio senza alcuna intenzione di utilizzarlo per i beni e servizi coperti dalla registrazione.

Nel caso specifico, la Divisione di Annullamento rilevò che, al momento della registrazione, Banksy non aveva alcuna intenzione di utilizzare il marchio per commercializzare beni o fornire servizi: l’uso effettivo dell’opera, avvenuto solo dopo l’avvio del procedimento di annullamento, era finalizzato unicamente ad aggirare i requisiti di legge sul marchio, non ad utilizzarlo genuinamente come tale. Questa decisione stabilì un importante precedente sul delicato equilibrio tra diritto d’autore, marchi commerciali e arte di strada, evidenziando come la registrazione di un marchio non possa essere utilizzata per aggirare le limitazioni del diritto d’autore o per monopolizzare indefinitamente un’opera d’arte.

Tuttavia la vicenda non si concluse qui: nel dicembre 2019, Pest Control Office presentò una nuova domanda di registrazione (n. 18118853) per lo stesso marchio figurativo, cercando di aggirare la decisione precedente a distanza di pochi mesi. Questa volta la Full Colour Black contestò nuovamente la domanda sostenendo che fosse una mera “ripetizione” volta ad evitare le conseguenze della mancata prova d’uso del marchio precedente. Secondo il RMUE, un marchio può essere dichiarato nullo se non viene utilizzato effettivamente per i beni e servizi per cui è registrato, entro un periodo di tolleranza di 5 anni dalla registrazione. Questo requisito bilancia gli interessi legittimi del titolare del marchio con quelli dei suoi concorrenti, evitando monopoli indefiniti su segni non utilizzati.

Con la decisione n. C47807 del 21 dicembre 2023, la Divisione di Annullamento accolse parzialmente l’istanza di nullità, dichiarando il marchio n. 18118853 invalido per le classi di prodotti e servizi identiche a quelle del marchio precedente (n. 12575155). La registrazione ripetuta era stata effettuata senza alcuna logica commerciale e quindi in malafede, con l’intenzione di aggirare l’obbligo di provare l’uso effettivo del marchio, come richiesto dall’Articolo 59(1)(b) del RMUE. Questa seconda decisione rafforzò il principio secondo cui le registrazioni di marchio non possono essere utilizzate per aggirare i requisiti di legge, come quello dell’uso effettivo, o per creare artificialmente una situazione di monopolio indefinito sull’opera d’arte.

Un aspetto cruciale della controversia riguardava l’approccio di Banksy verso il diritto d’autore e la sua volontà di permettere un uso non commerciale delle sue opere. Come già indicato, l’artista aveva espresso apertamente il suo disprezzo per le leggi sulla proprietà intellettuale, affermando che “il diritto d’autore è per i perdenti” e che il pubblico è “moralmente e legalmente libero di riprodurre, modificare e utilizzare altrimenti qualsiasi opera d’arte protetta da copyright”. Questo atteggiamento era stato ulteriormente evidenziato dal fatto che lo stesso Banksy aveva utilizzato elementi (disegni, idee, raffigurazioni) di altri artisti in alcune delle sue opere, sostenendo che “qualsiasi pubblicità in spazio pubblico che non ti dà la scelta se vederla o meno, è tua. È tua da prendere, riarrangiare e riutilizzare” (da “Wall and Piece”, 2006).
Tuttavia, come sottolineato dalla Divisione di Annullamento, benché Banksy fosse libero di esprimere pubblicamente le sue opinioni, ciò non significava che non fosse soggetto alle stesse protezioni e restrizioni delle leggi sulla proprietà intellettuale. Il suo disprezzo per il diritto d’autore non poteva giustificare la registrazione di un marchio in malafede.

 

Anonimato, diritto d’autore e marchi commerciali

Le implicazioni delle sentenze dell’EUIPO sulla vicenda di Banksy e del “Flower Thrower” sono state significative, sollevando importanti questioni sul delicato equilibrio tra diritto d’autore, marchi commerciali e arte di strada. Le decisioni hanno stabilito un precedente rilevante, ribadendo che la registrazione di un marchio non può essere utilizzata per aggirare le limitazioni temporali del diritto d’autore o per monopolizzare indefinitamente un’opera d’arte. Questo principio è fondamentale per garantire un equilibrio tra gli interessi degli artisti e quelli della collettività.

Allo stesso tempo, il caso ha messo in luce le sfide uniche che l’arte di strada pone al sistema di proprietà intellettuale, evidenziando l’importanza di trovare un equilibrio tra la tutela degli artisti e la salvaguardia dell’interesse pubblico. L’arte di strada, per sua natura, sfida le nozioni tradizionali di proprietà e diritti d’autore poiché spesso viene creata su proprietà altrui e in spazi pubblici, rendendo difficile determinare chi detiene effettivamente i diritti sull’opera.

Un ulteriore aspetto rilevante della vicenda è l’anonimato di Banksy che ha reso più complessa la tutela dei suoi diritti. Mantenere l’anonimato è parte integrante dell’identità artistica di Banksy, ma allo stesso tempo rappresenta un ostacolo per far valere i diritti d’autore sulle sue opere. Infatti, per far rispettare il diritto d’autore, l’artista dovrebbe rivelare la sua identità minando così la sua stessa “mistica” di artista anonimo e di strada. Questo dilemma ha spinto Banksy a cercare una protezione alternativa attraverso la registrazione di marchi commerciali, una scelta che però è stata giudicata inammissibile dalle corti europee poiché volta ad aggirare le limitazioni temporali del diritto d’autore.

 

Le implicazioni per l’arte contemporanea e il dibattito futuro

La battaglia legale di Banksy per difendere i diritti sul “Flower Thrower” ha evidenziato le sfide che il mondo dell’arte contemporanea pone al sistema di proprietà intellettuale tradizionale. Le decisioni dell’EUIPO hanno stabilito importanti principi, ma allo stesso tempo hanno sottolineato la necessità di un quadro normativo più flessibile e adattato alle nuove forme d’arte. Mentre il dibattito continua, è chiaro che trovare un equilibrio tra la tutela degli artisti e la salvaguardia dell’interesse pubblico sarà fondamentale per garantire che la creatività continui a fiorire e a sfidare i confini dell’espressione artistica.

Banksy, con la sua arte provocatoria e il suo rifiuto delle convenzioni, ha incarnato questo spirito di rottura, sfidando non solo le convenzioni estetiche, ma anche i confini stessi del sistema giuridico. La sua vicenda dimostra come l’arte possa diventare un potente catalizzatore di riflessioni e dibattiti, spingendoci a ripensare le nostre nozioni di proprietà intellettuale, autorialità e pratiche commerciali lecite.

 

La storia di Banksy insegna: il tuo genio merita di essere protetto!

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