L’art. 9 del Codice della proprietà industriale, illustra inequivocabilmente cosa si intende per marchio di forma. Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, o dalla forma che da’ un valore sostanziale al prodotto.
Il marchio serve a contraddistinguere i prodotti o i servizi che un’impresa produce o mette in commercio: possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione dello stesso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.
La normativa sui marchi, oltre alla protezione delle parole e dei loghi, prevede anche una specifica tutela per i cosiddetti marchi di forma o marchi tridimensionali, cioè quelli che hanno ad oggetto la forma del prodotto o parte di esso o la sua confezione. Ci si può riferire anche a rappresentazioni bidimensionali costituite da disegni e motivi riprodotti o ripetuti sulla superficie esterna del prodotto, come, a titolo del tutto esplicativo, la trama che contraddistingue i prodotti di Louis Vuitton.
La legge stabilisce che non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni privi di carattere distintivo. Tuttavia giova ricordare che viene anche prevista la possibilità di registrare come marchio d’impresa i segni che prima della domanda di registrazione, a seguito dell’uso che ne sia stato fatto, abbiano acquisito carattere distintivo. Questa norma, per la sua natura, deve considerarsi applicabile anche ai marchi costituiti dalla forma del prodotto o dalla sua confezione.
La legge tutela il titolare del marchio dall’uso contraffattorio mediante il giudizio di confondibilità. In prima istanza, bisogna individuare la parte tutelabile del marchio, in altre parole quegli elementi sostanziali che caratterizzano e assolvono la funzione identificativa del marchio. Il secondo passo prevede il verificare la confondibilità tra prodotti, cioè se identici o affini a quelli per i quali è utilizzato il marchio registrato.
A confermare quanto appena asserito è la sentenza della Cassazione, Sez. I civ. del 13 dicembre 1999 n. 13918, che così stabilisce in tema di concorrenza sleale sotto il profilo della cosiddetta “imitazione servile”: integra gli estremi dell’illecito sanzionato dal’art. 2598, n. 1 c.c. il comportamento dell’imprenditore che imiti un prodotto la cui forma abbia un valore individualizzabile e distintivo tale da renderlo originale in modo tale da creare confusione con quello messo in commercio dal concorrente.
A titolo meramente esplicativo per comprendere maggiormente di quale impatto possa avere un marchio di forma nell’ambito del commercio e della pubblicità, è il caso Coca-Cola vs Pepsi Cola. Quest’ultima veniva accusata dalla prima di aver immesso sul mercato un prodotto che potesse essere confuso con la Coca-Cola, per via della bottiglietta. La società Coca-Cola accusava il suo rivale Pepsi Cola di violazione del marchio e condotta fraudolenta. Di fatto, da oltre 100 anni Coca Cola vende la bibita nella tipica bottiglia, chiamata contour, con la forma sinuosa e sottile. Il prototipo fu brevettato da Coca-Cola nel 1916 e nel 1960 l’Ufficio Brevetti americano considerò il contour un vero e proprio trademark di proprietà della Coca-Cola Company. Un’accusa di plagio ritenuta infondata dalla Corte federale di Adelaide che ha anche condannato Coca-Cola a pagare le spese legali affrontate da Pepsi. Per il giudice non vi è alcuna violazione del marchio in quanto «il design delle due bottiglie ha differenze significative e i marchi sono chiaramente indicati». Il consumatore può quindi facilmente identificare l’origine del prodotto senza «alcuna possibilità di inganno».
Con sentenza dello scorso 6 aprile (n. 1900/2017 del 6.4.2017 il Tribunale di Torino (caso Zhejiang Zhongneng Industry Group contro Piaggio & C. S.P.A), ha dichiarato la validità del marchio tridimensionale della storica due ruote della Piaggio, la nota Vespa, alla quale è stato riconosciuto quel carattere creativo e quel valore artistico in grado di accordare al design anche la tutela autoriale: ai sensi dell’art. 2, punto 10, L.D.A., sono comprese nella protezione del diritto d’autore le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico. La forma della Vespa, caratterizzata dagli elementi sopra accertati, è senz’altro nata come oggetto di design industriale. Tuttavia, nel corso dei decenni, ha acquisito talmente tanti riconoscimenti dall’ambiente artistico (e non meramente industriale), che ne ha celebrato grandemente le qualità creative e artistiche, da diventare un’icona simbolo del costume e del design artistico italiano”.
Eugenio Selmi, LL.M. in Food Law