Nel dinamico universo della moda, dove creatività e stile si fondono incessantemente, può accadere che persino un dettaglio apparentemente insignificante come un’etichetta si trasformi in un’accesa disputa legale. È quanto si è verificato all’inizio del 2024, quando due colossi del settore abbigliamento, la leggendaria azienda americana Levi Strauss, celebre per i suoi iconici jeans, e il rinomato marchio italiano di lusso Brunello Cucinelli, si sono ritrovati coinvolti in una battaglia giudiziaria senza precedenti.

L’oggetto del contendere? L’iconica etichetta rettangolare cucita sulla tasca posteriore dei jeans Levi’s, universalmente nota come “Tab”. Questo piccolo segno distintivo, registrato come marchio di fabbrica già nel lontano 1938, si è trasformato nel corso dei decenni in un simbolo di riconoscimento globale, evocando autenticità, resistenza e uno stile senza tempo.

La storica azienda di San Francisco, custode di una tradizione centenaria nell’industria del denim, ha deciso di impugnare le armi del diritto per difendere questo prezioso patrimonio immateriale, citando in giudizio presso il tribunale federale della propria città il celebre marchio di lusso umbro (Caso n. 24-cv-0399). L’accusa mossa da Levi Strauss era grave: Brunello Cucinelli avrebbe commercializzato capi di abbigliamento caratterizzati da etichette “quasi identiche” al famoso Tab, violando così il marchio registrato dell’azienda americana. Una mossa legale che si inserisce in una più ampia strategia di Levi Strauss, che negli ultimi anni ha inviato migliaia di diffide e intentato diverse cause legali contro presunti usi impropri dell’iconico Tab da parte di altri brand di abbigliamento.

A sostegno di questa accusa, Levi Strauss ha presentato ben 14 fotografie che mostravano prodotti Brunello Cucinelli con etichette sorprendentemente simili a quelle dei leggendari jeans americani. Secondo l’azienda di San Francisco, questa somiglianza avrebbe potuto creare confusione tra i consumatori, inducendoli a credere che i prodotti delle due aziende fossero in qualche modo collegati o provenienti dalla stessa fonte. Una situazione che, stando alle argomentazioni di Levi Strauss, avrebbe potuto tradursi in un danno economico e reputazionale incalcolabile per il marchio statunitense. I concetti di “confusione probabile” e “diluizione del marchio” sono infatti cruciali nelle dispute sui marchi.

L’azienda ha anche affermato di aver tentato ripetutamente di risolvere la questione in via extragiudiziale, ma Cucinelli si sarebbe rifiutata di impegnarsi a cessare l’uso dell’etichetta controversa.

L’etichetta rettangolare, spesso di colore rosso ma anche disponibile in altri colori come argento, blu e nero, è un simbolo distintivo dei prodotti Levi’s fin dal 1936. Secondo l’accusa, l’uso non autorizzato di questo elemento da parte di Cucinelli avrebbe potuto confondere i consumatori sulla provenienza dei capi e danneggiare la reputazione di Levi Strauss.

La reazione di Brunello Cucinelli non si è fatta attendere. L’azienda umbra, nota per l’eleganza raffinata e senza tempo dei suoi capi, ha respinto con fermezza le accuse di contraffazione, ribadendo la propria estraneità a qualsiasi volontà di imitazione o di sfruttamento della fama altrui. In una dichiarazione rilasciata al Women’s Wear Daily, Cucinelli ha sottolineato di aver sempre valorizzato l’originalità delle proprie creazioni e l’integrità delle pratiche aziendali, affermando: “Ho sempre vissuto e lavorato con l’idea che mi ha trasmesso il grande pensatore Popper quando dice: ‘colui che copia non è quasi mai nel giusto’“.

L’imprenditore di Solomeo ha inoltre precisato che gli elementi decorativi contestati, presenti solo su un numero limitato di capi, rappresentavano un ornamento unico progettato esclusivamente per scopi estetici, distinto per lunghezza, forma e posizione sui vari capi su cui erano apposti e privo di qualsiasi logo o riferimento al brand. Cucinelli ha inoltre ribadito il profondo rispetto per la proprietà intellettuale altrui e per l’unicità di ogni marchio presente sul mercato, sottolineando di aver già avviato la procedura per la sostituzione dell’etichetta contestata al fine di evitare ulteriori fraintendimenti.

Nonostante le posizioni inizialmente contrapposte, la controversia si è risolta in tempi relativamente brevi. Nel maggio 2024, infatti, Levi Strauss ha annunciato il ritiro volontario della causa a seguito di un accordo confidenziale raggiunto con Brunello Cucinelli. I dettagli dell’intesa non sono stati resi noti, ma è probabile che le due aziende abbiano trovato un compromesso che soddisfi entrambe le parti, come accaduto in passato con le controversie simili affrontate da Levi Strauss.

La dismissione del caso “con pregiudizio” (with prejudice) implica che non potrà essere nuovamente intentata in futuro.

È interessante notare che Levi Strauss ha intentato diverse cause legali simili negli ultimi anni per proteggere il suo iconico marchio Tab, ad esempio contro Kenzo nel 2018 e Yves Saint Laurent nel 2019. Secondo quanto riportato da Reuters, entrambi i casi si sono poi conclusi con un accordo tra le parti.

Questo modo di procedere sottolinea l’importanza che l’azienda americana attribuisce alla tutela di questo particolare asset immateriale, considerato un elemento distintivo fondamentale dell’identità del brand. Inoltre, la velocità con cui è stato risolto il caso con Brunello Cucinelli mostra la capacità delle grandi aziende di trovare rapidamente un terreno comune per evitare lunghe e costose battaglie legali, preservando al contempo la loro reputazione sul mercato.

L’intera vicenda evidenzia la delicata linea di confine tra ispirazione e imitazione nel mondo della moda e l’importanza cruciale della tutela del marchio come strumento di protezione dell’identità e del valore di un brand. La registrazione del marchio, come emerge da questo caso, si rivela un’arma strategica per le aziende, offrendo loro la possibilità di tutelare la propria unicità e di contrastare efficacemente qualsiasi tentativo di imitazione o sfruttamento indebito. A questo preciso proposito, il Codice della Proprietà Industriale italiano (D.Lgs. 30/2005), all’articolo 20, e il Lanham Act statunitense (15 U.S.C. §§ 1051 et seq.), al paragrafo 32, disciplinano la registrazione e la tutela dei marchi, conferendo ai titolari il diritto esclusivo di utilizzare il marchio registrato e di vietarne l’uso non autorizzato da parte di terzi, prevedendo azioni legali per impedire l’uso di marchi contraffatti o simili da ingenerare confusione nei consumatori.

La lezione che possiamo trarre da questo caso è duplice: da un lato, la necessità di tutelare con ogni mezzo la propria unicità e i propri segni distintivi, attraverso la registrazione e la difesa dei marchi; dall’altro, l’importanza di agire con prudenza e rispetto nell’utilizzo di elementi che potrebbero essere confusi con quelli di altri brand al fine di evitare controversie e preservare l’integrità della propria immagine. Come sottolineato dalle parole di Brunello Cucinelli: “Non è mai stata, né lo sarà mai, intenzione dell’azienda umbra quella di sfruttare o violare i marchi o le idee altrui”.

Questo caso rappresenta un monito per tutte le aziende del settore, invitate ad una maggiore attenzione nella progettazione e nell’utilizzo dei propri elementi distintivi, al fine di evitare di incorrere in contestazioni legali e di preservare l’unicità del proprio brand. La tutela della proprietà intellettuale, infatti, non è solo una questione legale, ma anche una strategia di business fondamentale per proteggere gli investimenti in innovazione e comunicazione e per mantenere la fiducia dei consumatori.

 

Un partner strategico nella tutela della Proprietà Intellettuale

La disputa tra Levi Strauss e Brunello Cucinelli evidenzia chiaramente come nel mondo dei marchi registrati possano sorgere difficoltà potenzialmente distruttive per un’azienda o un brand. Questi conflitti, se non gestiti con competenza, possono portare a gravi danni economici e reputazionali.
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